Wednesday, January 24, 2007

Figlia di una vestaglia blu

Simona Baldanzi, Fazi, Roma, 2006.


An italian young writer tells us about the workers world of her country between two different generations. Two different points of view interlace each other in a beautiful story of love. Love for the ethic of work, love for men's history and above all love for a territory: the beautiful mountains of Mugello. ---


Di Simona Baldanzi avevo letto il racconto Finestrella viola, vincitore del premio Campiello giovani nel 1996 e un piccolo stralcio del presente romanzo, che poi sarebbe diventato il capitolo Portone.


--- Nel suo romanzo d'esordio, autobiografico, Simona Baldanzi riesce in un'operazione assai difficile. Riesce a dichiarare il proprio amore per qualcosa che proprio nello stesso momento e forse anche proprio grazie allo stare scrivendo tale dichiarazione, sta lasciando. E' come un fidanzato che inizia l'ultimo discorso alla propria amata dicendo "Ti amo ma…". La cosa mirabile è che riesce però a farlo senza che le sue parole risultino minimamente ipocrite o false. Simona lascia il mondo del lavoro operaio, il mondo che ama, che l'ha vista nascere e crescere una prima volta tra le lavoratrici di una fabbrica tessile e che l'ha vista rinascere e conquistare una propria identità matura tra i minatori della TAV, quei minatori, fratelli al suo mondo per classe sociale, ma lontani per origine, portati in casa sua per straziare le montagne a cui è così legata.

Simona non è destinata a fare l'operaia, malgrado ancora in Italia esista, soprattutto in certi ambienti, una sorta di predestinazione sociale per cui il lavoro e la vita che si farà sono spesso legati a quelli dei propri genitori. Simona farà altro e tra le altre cose, per nostra fortuna, la scrittrice. Malgrado ciò non si stacca dalle proprie radici, dal proprio territorio; non tradisce né le sue montagne né i suoi lavoratori.

La sapienza di quello che sta raccontando passa attraverso le storie, storie a lei vicine fisicamente ed emotivamente, storie anche diverse dalle sue private ma delle quali è venuta a conoscenza parlando con la sua gente. E passa attraverso un uso bello delle parole e del fraseggio. Un uso apparentemente semplice e molto preciso, così raro tra i giovani scrittori.

Nel romanzo di Simona Baldanzi la storia della protagonista si intreccia con quella dei lavoratori, della fabbrica che non c'è più, delle nuove gallerie, dei nuovi centri commerciali, in maniera delicata e sapiente. Se in La dismissione, di Ermanno Rea il punto di forza era dato dai dettagli tecnici e storici relativi alla fabbrica e la storia privata del protagonista sembrava quasi un pretesto, in questo romanzo ci si appassiona alla vita della giovane ricercatrice la cui vicenda viene narrata con il pudore tipico delle autobiografie. I piani che si intrecciano sono tanti, si scorrono molti ambiti della vita della protagonista, dal suo lavoro, così diverso da quello di cui principalmente ci parla, al suo impegno politico e sociale. Ci piacerebbe poter leggere cosa pensa la protagonista del romanzo, così caparbia, forte e al contempo delicata, del recente vigliacco attentato alla sede del partito comunista di un grosso paese del suo amato Mugello, sapere se pensa che possa avere a che fare con le continue angherie che quel territorio sta subendo in nome di una distorta modernità.

2 comments:

Marco Inzitari said...
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Marco Inzitari said...

Quando esce a Pittsburgh? La domanda non e' grottesca, o non solo: Pittsburgh e' terra di operai, di miniere e acciaierie. Dopo essere stata sfruttata e consumata (era famosa, nelle decadi passate, come una delle citta' americane con la peggior qualita' dell'aria e dell'acqua), e dopo aver conosciuto la depressione post-industriale, vive ora una terza vita tranquilla come citta' universitaria e degli anziani. Rimangono dei residui di storia industriale, come vecchie steel mills che si possono visitare in primavera-estate, ma l'impressione e' che le nuove generazioni, soprattutto di studenti e lavoratori immigrati da altre parti degli US o dall'estero, non siano interessate a questa storia. Per me la citta' mantiene un fascino decadente dato dal suo passato, e i pittsburghers e gli anziani conservano un senso di appartenenza che poco si trova in altre citta' americane.

Fra, bel pezzo...non per sminuire, anzi, ma l'impressione che ho avuto e' che alla fine sia il libro ad essere davvero bello. Sempre piu' ansioso di leggerlo!